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Immagine del redattoreWilma Viganò

L'Agorà di Milano - 2

PIAZZA dei MERCANTI

Ci eravamo lasciati nella precedente puntata con l’immagine poco edificante dei commercianti falliti con le braghe calate che, nel Medioevo, venivano esposti al pubblico ludibrio e scherno su una pietra del portico di Casa Panigarola.


Palazzo dei Giureconsulti - Wilma Viganò

Per recuperare un po’ l’immagine dell’agorà di Milano, cioè piazza dei Mercanti, continuiamo il nostro giro rivolgendo l’attenzione al Palazzo dei Giureconsulti, che troviamo di fronte al Palazzo della Ragione, sul lato opposto di via dei Mercanti.

Ma i giureconsulti, chi eran costoro? Con ogni probabilità i Giureconsulti verrebbero oggi sbrigativamente definiti una casta. Ma che casta signori miei! Giuristi, avvocati, faccendieri, notai “di non comune dottrina” appartenenti alle più facoltose famiglie milanesi che dal Medio Evo, e per qualche secolo a seguire, hanno mandato avanti la res publica, cioè l’amministrazione della città. L’idea del palazzo fu del nobile giurista Giovanni Angelo Medici di Marignano (appartenente alla suddetta casta, sposato con tre figli) che, una volta eletto Papa col nome di Pio IV, decise che i Giureconsulti milanesi meritavano una sede congrua coi loro meriti, ruolo e prestigio.

Fu così che nel 1561, mentre portava a compimento il Concilio di Trento, papa Pio IV (tra l’altro zio di Carlo Borromeo) incaricò l’architetto Vincenzo Seregni, al tempo impegnato nei lavori della Fabbrica del Duomo, di progettare un palazzo in piazza dei Mercanti destinato a diventare il punto di riferimento per la comunità degli affari milanesi. Il Palazzo dei Giureconsulti appunto, che avrebbe inglobato la torre civica costruita nel 1272 da Napo Torriani, la cui campana (oggi trasformata in orologio) era solita annunciare alla città i principali avvenimenti: l’ora del coprifuoco, il divampare di un incendio o l’esecuzione di un condannato. E i resti dell’antica torre, in rosso mattonato, sono tuttora resi evidenti all’interno del palazzo.

Il Seregni immaginò per i Giureconsulti un edificio con andamento orizzontale, con una maestosa loggia porticata a doppie colonne e sovrastata da finestre baroccheggianti. L’interno comprendeva sale per le assemblee, una chiesa comune (con obbligo di celebrazione quotidiana della Messa) e una biblioteca. Ciascun Ente aveva poi in dotazione una cappella e risulta che gli accoliti facessero a gara per abbellirle con cicli decorativi dei più qualificati pittori lombardi dell’epoca, sottraendoli part-time ai lavori della vicina cattedrale.

Nella facciata esterna un cenno, anzi una puntata particolare di A spasso con Wilma, ha già meritato la storia della grande statua di Sant’Ambrogio posta in una nicchia alla base della torre di Napo, statua che ha cambiato quattro volte identità, e fors’anche la testa. E per sapere tutta la storia nel dettaglio potete risentire la puntata numero 85 dedicata appunto a Sant’Ambroeus cont i tett.

L’istituzione dei Giureconsulti venne sospesa nel 1795 e, passando di mano in mano, il palazzo divenne, tra tanto altro, sede della prima Borsa valori d’Italia, poi del Telegrafo, sino ad approdare all’attuale proprietà della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza e Lodi che ne ha fatto un hub della Milano 2.0, con sale per convegni e iniziative rivolte alla promozione della città. Sale che riecheggiano dai nomi e dagli affreschi che le decorano - Sala delle Colonne, Corridoio dei Passi Perduti, Loggiato – e della storia secolare cui hanno assistito. L’ambiente più particolare è il Parlamentino, tutto in legno e cuoio, perfettamente restaurato nella forma originaria a emiciclo, e sovrastato da un affresco settecentesco di Giuseppe Bossi, uno dei più attivi protagonisti del neoclassicismo milanese. Dulcis in fundo, la splendida terrazza all’ultimo piano con vista Duomo, ma anche le fondamenta che custodiscono vestigia d’epoca romana (compresa una cisterna).


Scuole Palatine - Milano - Wilma Viganò

Ma lasciamo i Giureconsulti e aggiriamo il Palazzo della Ragione a cui sono contrapposti, sul lato opposto due altrettanto interessanti edifici: le Scuole Palatine e la Loggia degli Osii. Gli insegnamenti classici hanno avuto nei secoli a Milano una grande tradizione (pur facendo capo a Pavia per l’Università) ed approdarono in piazza dei Mercanti persino prima del Palazzo della Ragione. Ma nel 1644 un incendio ne devastò la sede. La ricostruzione venne affidata a Carlo Buzzi che riprese i moduli architettonici dei Giureconsulti (in effetti i due palazzi si somigliano) assumendo ufficialmente il nome di Palatine ad imitazione di quelle fondate ad Aquisgrana da Carlo Magno. Rimaneggiate nei secoli, oggi ci accolgono con una statua seicentesca di Sant’Agostino (che qui fu scolaro e poi vi insegnò) affiancata a quella del poeta Ausonio che nel Trecento decantava le bellezze di Milano paragonandola ad una seconda Roma. Da notare anche il busto in bronzo di Carlo Maria Maggi, segretario del Senato nel 1650 e insegnante di greco e latino ma passato alla storia con inventore delle maschere milanesi di Meneghino e la Peppa, mentre una semplice targa ricorda che qui “educò la migliore gioventù lombarda” Giuseppe Parini.


Continuando il giro della piazza, sulla sinistra delle Scuole Palatine ecco la Loggia degli Osii, un tempo proprietà dell’omonima nobile famiglia poi ceduta ai Visconti. Il palazzo, tutto ricostruito nel 1904 su disegni trecenteschi, ha un unico pezzo originale: il balconcino ornato da un’aquila imperiale tra due biscioni viscontei. L’affaccio era definito “parlera”, ed era da qui che, con tanto di squillo di trombe, venivano proclamati i bandi dei consoli e le sentenze dei magistrati. Per il resto, anche le grandi statue dei santi poste sotto il cornicione sono copie di creazioni originali dei maestri Campionesi. Si adegua infine al resto della piazza, il palazzetto neogotico successivo, sede della banca Rasini. Rivisitato nell’Ottocento al posto di un portico trecentesco, anche quest’ultimo palazzo si inserisce di pieno diritto nell’atmosfera della piazza.


Pozzo - Piazza dei Mercanti - Wilma Viganò

E da qui possiamo dare un ultimo sguardo d’insieme appoggiandoci al pozzo più o meno collocato al centro della piazza stessa, laddove era posta la famosa pietra dei falliti. Questo pozzo, destinato originariamente all’approvvigionamento pubblico dell’acqua, è uno dei più antichi di Milano e risulta fornisse acqua freschissima originata dai fontanili di cui era ricca la città. Era talmente tanto utilizzato che nel 1583 la vera di pozzo, cioè la balaustra di protezione, dovette essere ricostruita. Con l’occasione se ne diede un’interpretazione barocca, ma il lavoro non si dimostrò solidissimo, tant’è che un paio di secoli dopo trabeazione e colonnine dovettero essere rifatte, e a questo punto si aggiunse un tocco di ionico nei capitelli. Insomma, un bel “tra’ insema”. Ma la fama di questo pozzo è legata anche ad altre abitudini. Costituiva infatti il luogo di ritrovo, oltre che di faccendieri e azzeccagarbugli, anche dei prett vicciutinatt, come li ebbe a definire Carlo Porta, cioè quei preti, dalle vesti unte, bisunte e rattoppate che, dopo le soppressioni di conventi e monasteri imposte da Francesco I e Napoleone, si erano ritrovati sul lastrico e restavano in attesa di “ingaggi” (proprio come i vetturini pubblici) per contrattare messe, novene e funerali. Tra le ultime figure di questi preti che andarono col tempo a scomparire, il Porta ricorda un Don Briscola e un Don Antonino entrambi particolarmente amanti del buon vino.

E anche noi, con un brindisi, celebriamo la conclusione di questa tecnicamente breve ma storicamente ricchissima passeggiata che ci ha portato nel cuore della Civitas della nostra città.

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