In queste settimane ho iniziato a guardare New Amsterdam su Netflix che si aggiunge al mio elenco di serie TV a tema medico.
È in realtà una minima parte rispetto all’enorme produzione mondiale.
Wikipedia le ha elencate: sono 506 (contate a manina, una sola volta, quindi il dato potrebbe non essere preciso, ma dà l’idea della quantità) 137 solo negli Stati Uniti, 15 in Italia.
Fare l’elenco avrebbe poco senso, ho deciso quindi di prendere in considerazioni solo una manciata di serie TV e di dividere l’argomento – come accaduto di recente con le puntate dedicate alle avvocate (83-84) – in due parti.
Però prima di addentrarci a descrivere le serie TV, c’è una domanda che mi sono posta e che sta alla base: perché guardiamo questo genere?
Non può esserci una risposta univoca, ma ho trovato delle argomentazioni interessanti che condivido con voi.
Marshall McLuhan, sociologo e filosofo, nel 1964 nel suo libro Understanding Media: The Extensions of Man (Gli strumenti del comunicare, pubblicato in Italia da Il Saggiatore) predisse il successo del genere: "Uno degli esempi più vividi della qualità tattile dell'immagine televisiva si trova nell'esperienza medica. Nell'istruzione a circuito chiuso in chirurgia, gli studenti di medicina del primo anno riferirono uno strano effetto: sembrava che non stessero guardando un'operazione, ma la stessero eseguendo. Sentivano di tenere in mano il bisturi. Così l'immagine televisiva, incoraggiando la passione per il profondo coinvolgimento in ogni aspetto dell'esperienza, crea un'ossessione per il bodily welfare (lett. benessere del corpo, ma sarebbe salute e/o benessere). L'improvviso emergere del medico televisivo e del reparto ospedaliero come programma per rivaleggiare con il western è perfettamente naturale."
Yann Magcamit sul sito Nolisoli riporta le parole di George Ikkos, professore e presidente della sezione psichiatria della Royal Society of Medicine: "le persone sono attratte dalle serie mediche perché ci aiutano a conoscere noi stessi attraverso le esperienze di altre persone. Sebbene coinvolga argomenti a cui molte persone comuni possono relazionarsi, questi spettacoli riescono anche a rimanere drammatici ed eccitanti."
Secondo la neuropsicologa Marian Rissenberg guardare questi drammi attiva il sistema nervoso simpatico (combatti o fuggi), su scala ovviamente ridotta e virtuale, anche se sappiamo che tutto andrà bene (per noi spettatori ovviamente).
Oltre a farci divertire e soddisfare il nostro bisogno di un brivido di lotta o fuga, i drammi medici ci aiutano anche a conoscere il campo sanitario. Si sostiene che i programmi di questo genere "possano essere utili per rafforzare i principi dell'etica medica" e "promuovere un migliore coinvolgimento emotivo con un paziente" per i medici.
David Somerset su Cultbox riprende quanto riportato da Magcamit ed integra il suo articolo con altre considerazioni. Quelle che guardiamo sono persone comuni con cui possiamo facilmente identificarci che gestiscono una situazione drammatica, provando a immaginare cosa faremmo al loro posto.
Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere che le persone che creano questi drammi medici cerchino ispirazione negli ospedali della vita reale. Inoltre, questo dà loro la possibilità di far luce su questioni sociali come la violenza domestica, i costi delle cure e le malattie mentali.
Il giornalista riporta anche con uno studio che riguarda l’accuratezza di quanto vediamo sullo schermo e gli errori certo non mancano. Fa riferimento infatti ad una ricerca del 2020 che ha analizzato 8 serie TV e riscontrando un tasso di errori intorno ai 6,4 eventi all'ora.
Ora vado a snocciolare qualche titolo, iniziando dai precursori (o considerati tali), nella prossima puntata proseguiremo alternando quelli più famosi e conosciuti ad altri più particolari.
City Hospital, serie TV in 8 puntate trasmessa dalla ABC tra il 1952 e il 1953 è considerato il primo medical drama. Ha per protagonisti e il dottor Barton Crane, intrepretato da Melville Ruick e da Anne Burr nella parte della dottoressa Kate Morrow. Entrambi hanno preso parte anche all’omonimo radio dramma andato in onda tra il 1951 e il 1958.
In realtà dal 1937 vennero realizzati alcuni film con protagonista il dottor Kildare tratti dei romanzi di Max Brand, pseudonimo di Frederick Schiller Faust. Uno di questi - The Secret of Dr. Kildare - si trova gratuitamente su Plex TV.
Negli anni 60 fu realizzata anche una serie e tra il 1972 e 1973 anche un prequel, Young Dr. Kildare, a vestire i panni del protagonista - per entrambe le produzioni - fu Richard Chamberlain.
Il 1° aprile 1963 esordisce invece su ABC una serie che probabilmente tutti noi abbiamo sentito nominare anche senza aver visto una puntata: General Hospital.
Dopo la cancellazione di Guiding Light (Sentieri) e As the World Turns (Così gira il mondo) è la soap opera statunitense più longeva con all’attivo 15313 (dato del 28 giugno) episodi.
La serie originariamente si concentrava esclusivamente sul personale medico del Port Charles' General Hospital, ma nel corso degli anni ha iniziato a concentrarsi maggiormente sulle persone e sulle famiglie dei città.
I record battuti sono molti: 14 le vittorie agli Emmy, prima serie ad essere trasmessa in alta definizione su ABC nel 2009 e ovviamente non mancano gli spin off, i remake, le parodie e citazioni come in Dr. House.
Nel caso siate interessati a cimentavi in un binge watching (matto e disperatissimo) devo purtroppo deludervi perché General Hospital non è più trasmessa in Italia dai primi anni 90.
È andata peggio a Casualty, il medical drama in prima serata più longevo della storia della televisione, mai trasmesso in Italia. La programmazione è iniziata il 6 settembre 1986 su BBC One ed è ambientato nel pronto soccorso dell’ospedale Holby City (con tanto di omonimo spin off).
Da qui - come del resto anche in GH e ER – sono passati attori ed attrici che poi hanno conquistato fama mondiale. Kate Winslet ha detto a Radio Times che la sua apparizione in Casualty nel 1993 - quattro anni prima delle riprese di Titanic - è stata importante.
"In Inghilterra, sembra quasi far parte della formazione di un attore professionista. Per quanto mi riguarda è stato un grande episodio, una grande parte. Apparire in Casualty mi ha insegnato una grande lezione su come essere naturale davanti alla telecamera".
Guardando ai medical drama recenti, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente se non ci fosse stato St. Elsewhere (A cuore aperto) trasmessa dal 1982 al 1988.
Alan Sepinwall la indica – insieme a Hill Street - nel libro Telerivoluzione, da Twin Peaks a Breaking Bad, come le serie americane hanno cambiato per sempre la tv e le forme di narrazione
È riconosciuto per il suo dramma crudo e realistico ambientato nell'immaginario St. Eligius Hospital, un ospedale universitario urbano in rovina nel quartiere South End di Boston.
Scrive: "L’aspetto per cui si è distinta tracciando un sentiero per molte altre serie a venire, era la propensione a sperimentare contaminandosi con altri show e con la realtà. Ricordiamo per esempio un episodio in due parti con un flashback su cinquant’anni di storia dell’ospedale, un altro in cui un paziente si credeva Mary Richards, la protagonista della sit-com Mary Tyler Moore, un altro ancora in cui i medici andavano a farsi una birra nel bar della serie Cin Cin e venivano rimbrottati dalla cameriera Carla Tortelli. Un altro in cui il personaggio di Howie Mandel si beccava una pallottola e si faceva un viaggio in barella tra Inferno, Purgatorio e Paradiso."
Sepinwall poi fa spoiler…e solo per questa volta lo faccio anch’io visto che la serie non è disponibile ed è utile per capire quanto abbia precorso i tempi in fatto di finali originali (e per qualcuno ad alto tasso di delusione).
Nell’ultimo episodio si fa supporre che tutta la serie sia in realtà frutto della mente di Tommy, figlio autistico del direttore della clinica che ha una boule de neige con all’interno la riproduzione dell’ospedale.
Concludo qui la prima parte dedicata ai Medical Drama che saranno argomento anche dell'ultima puntata della stagione che sarà pubblicata il 12 luglio 2013
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