Seconda puntata dedicata ai Medical Drama che chiude anche la quarta stagione de Il divano chiama.
Prima di addentrarci nelle serie TV, torno a proporre alcune possibili risposte alla domanda: perché guardiamo e amiamo le storie che parlano di medici e infermieri?
Riprendo l’articolo di David Somerset citato nella scorsa puntata che sintetizza le motivazioni:
La relazione col nostro corpo, quindi l’importanza della salute, l’identificazione con le persone comuni coinvolte (cosa farei io in quella situazione?) e dall’altra parte i medici che non sono eroi tutti d’un pezzo, ma hanno contraddizioni e debolezze (solidarizziamo con loro), inoltre i drammi medici stimolano il nostro sistema simpatico. L’articolo riporta inoltre che secondo un’analisi condotta nel 2005 da CDC (Centers for Disease Control and Prevention) il 67% delle persone che le guardano ha riferito di aver imparato qualcosa di nuovo su una malattia o un problema di salute da queste serie TV.
Inoltre, se un programma televisivo è molto popolare, significa che il suo impatto culturale è abbastanza ampio da influenzare anche chi non lo guarda. Innesca un dialogo su un argomento, e questo si sviluppa in una sorta di opinione pubblica culturale.
Come ho detto nella prima parte, non è possibile citare tutte le serie TV che vedono protagonisti medici ed infermieri e la puntata non ha la pretesa di essere esaustiva, ma vorrei far emergere da questi titoli – per lo più conosciuti – gli aspetti che probabilmente hanno decretato il successo dei queste serie o le hanno connotate come innovative.
Ecco il link della pagina creata da Wikipedia con tutti i titoli dei medical drama, nel caso vogliate avere un quadro più completo.
Una serie citata spesso nelle classifiche che probabilmente molti non ricordano è M*A*S*H (acronimo di Mobile Army Surgical Hospital), serie TV andata in onda tra il 1972 e il 1983 ispirata all’omonimo film di Robert Altman del 1970 che a sua volta traeva spunto - sovvertendone il senso - dal primo libro di Richard Hornberger.
È una drama comedy di guerra che segue 4077° Ospedale da campo dell’Esercito durante la Guerra in Corea. L’episodio finale è stata la trasmissione televisiva più vista nella storia americana dal 1983 al 2010 (battuta dalla finale del Super Bowl di quell’anno), ma rimane l’episodio e il finale più visti di qualsiasi serie televisiva.
In Italia M*A*S*H è stato trasmesso prima sulla Rai e successivamente su Italia 1 (attualmente non risulta disponibile). Se volete saperne di più, sul canale YouTube “Gioventù passata davanti al tubo catodico”, Simone Fini ne parla approfonditamente.
Si può quindi fare dell’umorismo sulla professione medica e su quello che accade nei reparti ospedalieri. Scrubs probabilmente è l’esempio più calzante. Nove stagioni, 182 episodi andati in onda tra il 2001 e il 2010, in Italia su MTV dal 2003 e ora disponibile su Disney+.
In questa serie protagonista principale e voce narrante è John “JD” Dorian, tirocinante al Sacred Heart Hospital, seguendone le vicende insieme ad un gruppo di colleghi
Il sito bestmedicaldegrees.com inserisce Scrubs al 7° posto nella classifica delle miglior serie mediche di tutti i tempi, sottolineando che "lo spettacolo occasionalmente vira verso trame più serie o drammatiche e si è guadagnato elogi sia per l'accuratezza della medicina che per la rappresentazione della prima esperienza lavorativa. Tuttavia, Scrubs si impegna prima di tutto ad essere una commedia bizzarra, persino assurda."
Tre episodi della serie hanno vinto l’Humanitas Prize, riconoscimento dato a scrittori cinematografici e televisivi il cui lavoro esplora la condizione umana in modo ricco di sfumature e significato (ne ha vinti 4 anche M*A*S*H).
Un posto di rilievo nelle classifiche e nei cuori di molti spettatori lo detiene sicuramente ER (Medici in prima linea, titolo aggiunto nell’edizione italiana). Con ogni probabilità il mio primo medical drama visto in modo continuativo.
Creata da Michael Crichton, già autore di una serie di racconti sul tema, questa serie TV è considerata il primo dramma medico contemporaneo a cui sicuramente le produzioni successive si sono ispirate.
Non è stato facile arrivare alla realizzazione, all’inizio si pensò ad un film, ma l’idea non convinceva.
Sul sito dello scrittore ho trovato una sorta di rassegna stampa. In particolare vi riporto un articolo del 1994 pubblicato sul Time intitolato "Angels with Dirty Faces" che analizzava il primo successo della serie includendo una citazione dello scrittore:
"E.R è probabilmente il programma medico più realistico che la TV abbia mai fatto. Quel realismo va oltre le scene grafiche della sala operatoria e il gergo medico. Il ritmo accelerato e la trama confusa dello show – le storie si interrompono e si sovrappongono apparentemente a caso – lo distinguono da quasi tutto il resto in onda. “In televisione c'è l’istinto a rallentare”, dice Crichton. “Ma il nostro spettacolo doveva andare veloce come la vita reale. Ci siamo sbarazzati delle pause, di quei momenti attoriali, con gli sguardi sospesi che non significano niente. Gli show medici sono stati al ritmo di Marcus Welby; incontrare un paziente, ritrarre la malattia della settimana e finire con una soluzione straziante. Qui facciamo solo a pezzi le persone dentro e fuori."
È tra le serie americane più longeve; 15 stagioni, 331 episodi andati in onda tra il 1994 e il 2009 (in Italia è arrivata un paio di anni dopo, attualmente non risulta disponibile sulle piattaforme streaming).
Non sono mancate le nomination (375) e i premi vinti (116) ed è ancora considerata tra le migliori serie degli ultimi decenni. L’ho citata però – insieme a Grey’s Anatomy e Dr House – nella puntata 8, Il salto dello squalo…perché nessuno è perfetto!
A proposito di Emergency Room, ho scoperto che ER ha un predecessore italiano: Pronto Soccorso, tra le prime serie TV a tema medico prodotto dalla RAI, andata in onda tra il 1990 e il 1994 (8 puntate).
Il personaggio principale è il dottor Aiace, interpretato da Ferruccio Amendola, affiancato dal figlio Claudio e da Barbara De Rossi e le vicende si svolgono in un ospedale romano.
Ho trovato una vecchia intervista in cui il regista Francesco Massaro ha spiegato questa scelta.
"Pronto Soccorso non vuole sfruttare televisivamente il dolore, creare emozioni, ansie, puntando sul dramma del malato, bensì abbiamo voluto creare una storia semplice, quotidiana come Little Roma. Offrire uno spaccato di vita di tutti i giorni".
Il dottor Aiace, impersonato da Ferruccio Amendola, è un buon uomo che diventa medico senza dimenticare le sue radici popolari: "È il solito dottore di buona volontà che si rimbocca le maniche non una, ma due volte", aggiunge Massaro.
Se siete curiosi di scoprirne di più, si può vedere su RaiPlay.
L’impegno è sicuramente massimo, ma le modalità discutibili e l’approccio al paziente decisamente da rivedere per Gregory House, geniale medico che dà il nome alla serie TV realizzata tra il 2004 e il 2012 (8 stagioni, 177 episodi disponibili attualmente in Italia su Prime Video e Now).
“Tutti mentono” - la citazione messa all’inizio del podcast - riassume al meglio l’atteggiamento di House nei confronti dei pazienti (ne parla anche il libro La Scienza nelle serie TV a cui ho dedicato la puntata 21).
House è a capo del reparto di medicina diagnostica, specializzato in nefrologia, malattie infettive ed esperto in medicina interna. Zoppica a causa di un infarto al muscolo quadricipite della gamba destra avvenuto anni prima che provoca dolore cronico con conseguente uso massico di Vicodin.
Misantropo, cinico e burbero, i termini che meglio descrivono il personaggio.
L’approccio alla diagnosi trae ispirazione da Sherlock Holmes ed è impossibile non vedere nel suo collega e amico Dr. Wilson, un moderno Watson.
Ed è probabilmente questa la chiave del successo della serie…un personaggio lontanissimo dall’immagine del medico che tutti noi abbiamo, in balia dei suoi demoni, ma che alla fine di ogni puntata risolve l’enigma (escludendo il lupus) e salva la vita al paziente nel 99% dei casi.
All’inizio della puntata ho citato un aspetto importante delle serie, in particolare di questo genere: l’ampio impatto culturale tanto da influenzare anche chi non le guarda, innescando un dialogo su un argomento e sviluppando una sorta di opinione pubblica.
Credo sia ben visibile nell’ultima stagione di Grey’s Anatomy, una serie che ha bisogno di poche presentazioni. Siamo a quota 19 stagioni, 420 episodi e ancora non si arresta vista la notizia del rinnovo di parte del cast storico.
Se in ER era il ritmo a contraddistinguere la serie, Shonda Rhymes - showrunner, head writer e produttrice esecutiva - ha voluto dare un taglio diverso con donne intelligenti che competono l'una contro l'altra, più personale. Rallentando il ritmo per far conoscere i personaggi. Non mancano ovviamente gli approfondimenti medici, ma questo ospedale di Seattle dal 2004 ad oggi è diventato luogo di amori e (molte) morti.
La visione a volte è frustante, gli episodi e le storie girano su se stesse con situazioni assurde – che ho inserito nel puntata 8.
L’arrivo però di nuovi tirocinanti e le tematiche attuali come la questione dell’aborto negato in alcuni stati ha reso sicuramente l’ultima stagione interessante sotto molti punti di vista. In Italia è disponibile su Disney+.
Se nel libro di Hall of Series, Le 1000 Serie Tv descritte in 10 parole "Grey’s Anatomy è l’unico ospedale in cui muoiono più medici che pazienti", New Amsterdam è "Grey’s Anatomy con meno drama e a New York".
Il sito movieweb.com lo pone quasi in fondo alla classifica (12° posto su 15), ma mi piace molto la sintesi che fa su questa serie che ho scoperto da poco su Netflix che ha reso disponibili 3 stagioni.
I"nnovativo nel suo approccio al genere saturo dei drammi medici, New Amsterdam è emerso nel 2018. La sua narrazione fonde abilmente le formule comuni dei drammi ospedalieri con una svolta avvincente incentrata sugli sforzi incessanti del Dr. Max Goodwin per smantellare la burocrazia e fornire cure senza pari in uno dei più antichi ospedali pubblici d'America. Invece di conformarsi al modello convenzionale del "paziente della settimana", lo show opta per una trama che comprende uno spettro più ampio, immergendosi in questioni sistemiche che incidono sull'erogazione dell'assistenza sanitaria, come complicazioni assicurative e carenza di personale. Questo incredibile dramma medico è una brezza rinfrescante nel genere e una rottura tanto necessaria dai cliché tradizionali." E ancora
"New Amsterdam offre al pubblico una svolta unica nel genere del dramma medico, dimostrandosi una scelta accattivante per coloro che desiderano qualcosa di diverso."
Ammetto che è stata una piacevole scoperta.
Aggiungo qualche dato tecnico: la serie si è conclusa quest’anno dopo 5 stagioni, 89 episodi. In Italia l’ultima stagione è stata proposta su Canale 5 (con l’episodio finale trasmesso il 3 luglio). Come dicevo prima, le prime 3 stagioni si trovano su Netflix, la quarta non si sa e la quinta – solo doppiata, ahimè – su MediasetInfinity, dove si trova inspiegabilmente anche la seconda.
Concludo con una manciata di titoli coreani a partire da Good Doctor, serie del 2013 che vede protagonista un medico autistico che deve prestare servizio in un reparto di pediatria cercando di essere all’altezza delle aspettative non solo dal punto di vista tecnico, ma anche di relazioni personali.
Sì è praticamente lo stesso titolo – e simile dinamica – della ben più famosa e premiata serie americana.
L’attore di origine coreana Daniel Dae Kim nel 2015 infatti ne aveva acquisito i diritti e – la faccio breve – è riuscito a realizzare The Good Doctor insieme a David Shore, già autore di House.
Kim ha preso parte alla serie (seconda stagione), ma anche nella seconda e terza di New Amsterdam!
La serie originale si trova su Rakuten TV (Viki), mentre The Good Doctor su Prime Video , Disney+ e Netflix.
Apro una breve parentesi:
Come vengono rappresentate persone con disabilità e/o neuro divergenti è un tema molto complesso. Se un tempo inserire nella narrazione un personaggio con certe caratteristiche poteva essere considerato inclusivo, ora serve probabilmente un approfondimento diverso (in termini di conoscenza dell’argomento e dinamiche) e un’attenzione nella scelta degli attori/attrici nel ricoprire i ruoli.
Tornando ai titoli coreani su Netflix si trovano Doctor Cha, che racconta di una donna che dopo aver trascorso 20 anni da casalinga decide di tornare in ospedale come specializzanda del primo anno.
Altra serie menzionata sempre da movieweb e disponibile su Netflix è Hospital Playlist che segue cinque medici, amici da tempo che si ritrovano insieme a lavorare. La serie, composta attualmente da due stagioni, nel 2020 fu il nono dramma coreano più apprezzato nella storia della televisione via cavo .
Sono rimaste fuori molte serie, ne sono consapevole e tornerò sul tema anche nella prossima stagione de Il divano chiama soprattutto per quello che concerne le serie crime o police procedural in cui la presenza di un medico è costante e fondamentale.
La quarta stagione de Il divano chiama termina qui, ma è già pronto il calendario della quinta - si ricomincia l’11 ottobre - e sto già pensando a qualcosa di speciale per la 100 puntata.
Si accettano suggerimenti via mail a laura.invernizzi (@) radiotomoko.com
Buona estate!!!
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