Una canzone che è come lo shampoo alla mela verde. Può anche passare di moda, ma quando senti il profumo ti viene automaticamente da sorridere (Mauro Repetto)
Dalla citazione potete intuire la serie protagonista di questa puntata e vi vedo già alzare gli occhi al cielo pensando alla deriva di questo podcast!
Ho fatto la stessa cosa quando ho scoperto dell’uscita di Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883.
In primo luogo per il tema che ho liquidato subito come banale (perché raccontare la storia degli 883?), l’altro – che sempre mi accompagna – per le produzioni italiane che trovo spesso ‘didascaliche’, poco coinvolgenti e con attori dall’accento/cadenza romana anche se ambientate altrove.
Lo so, sono stata smentita molte volte e anche qui hanno trovato spazio – e lo troveranno ancora – serie tv italiane che mi hanno piacevolmente colpita, ma non riesco a scardinare del tutto i miei preconcetti (magari lo metto tra i buoni propositi per il nuovo anno).
Quindi ho ignorato Hanno ucciso l'Uomo Ragno…ma la serie è venuta da me sotto forma di post di Facebook di colleghi giornalisti, articoli e recensioni entusiastiche.
Cosa stava accadendo? Perché se ne parla così tanto? Da serie TV a fenomeno nostalgico collettivo…la visione si è fatta inevitabile.
Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 è uscita lo scorso 11 ottobre su SKY/Now, 8 episodi da 50 minuti ciascuno, ma abbiamo già la certezza che ci sarà una seconda stagione, le riprese dovrebbero iniziare in primavera.
Produzione Sky Studios e Groenlandia, prodotta da Matteo Rovere e Sydney Sibilia, quest’ultimo anche scrittore (insieme a Chiara Laudani, Francesco Agostini, Giorgio Nerone) oltre che regista con Alice Filippi e Francesco Ebbasta.
Ma di cosa parla? Si parte proprio dall’inizio (vi leggo la sinossi):
Pavia, fine anni Ottanta. Max ama i fumetti e la musica americana. È un anticonformista in una città dove non c’è nulla a cui ribellarsi. In più, dopo aver trascurato il liceo per seguire nuove amicizie e serate punk, arriva inevitabilmente la bocciatura.
Questo fallimento si rivela in realtà una nuova, fatale opportunità: nel liceo dove si trasferisce ha un nuovo compagno di banco, Mauro. La musica rende Max e Mauro inseparabili. Grazie alla forza trascinante di Mauro, Max abbraccia il suo talento e insieme a lui compone le prime canzoni che verranno prodotte da Claudio Cecchetto. Ma quando il successo li travolgerà, Max e Mauro, così diversi, riusciranno a rimanere uniti?
Ed era inevitabile la presenza nella serie di Cecchetto (interpretato da Roberto Zibetti), che Repetto definisce nel suo libro – Non ho ucciso l’uomo ragno - il Disney Italiano.
Ecco…Cecchetto non ci ha messo molto a rilasciare alcune dichiarazioni o meglio puntualizzazioni sul suo personaggio, precisando di non aver mai detto che non amasse la provincia. Questo ha riacceso anche i riflettori sui rapporti tra lui e Pezzali interrotti da anni (qualcuno sostiene anche per questioni societarie)
Quasi premonitrice la risposta di Sibilia su fanpage.it che ha sottolineato di non aver volutamente approfondito la sua figura con l'intenzione “di raccontarlo attraverso gli occhi di questi due protagonisti, una specie di Re Mida che se ti avvicina accadono le cose. Abbiamo cercato una versione divertente, qualcuno che occupandosi solo della parte artistica non sa nulla dei problemi di ordine pratico, logistico, dei soldi che servono a Max e Mauro.”
Lo stesso dicasi per alcune parti della serie che sono chiaramente inventate (senza fare spoiler dico solo Rana e Ticino…chi l’ha visto sa di cosa parlo!).
Ma andiamo all’analisi della serie, perché dalle basse aspettative di molti, nasce il fenomeno. Ne parla Diego Castelli su Serial Minds elogiando Sibilia per aver scelto di non basare tutto sulla nostalgia di fine anni 80-inizi 90, "evitando l’agiografia eccessivamente zuccherosa, ma trovando una vera chiave per raccontare l’improvviso successo di quei due sbarbati e la strada per costruire un racconto che fosse divertente di per sé."
Ha qualche riserva sui protagonisti Elia Nuzzolo (Max Pezzali) e Matteo Oscar Giuggioli (Mauro Repetto), ma allo stesso tempo ammette che funzionano nella loro interpretazione.
A proposito di recensioni, numerosi articoli sono stati scritti su Hall of Series (proprio dai loro post di FB mi sono resa conto che si stava creando qualcosa intorno alla serie)
Antonio Casu nel suo articolo parla – anche – del successo della serie: “sta piacendo perché racconta una storia universale con un piglio innovativo e a suo modo genuino. Ha generato un sentimento condiviso, portando quindi a un’esperienza collettiva. Tutti abbiamo voglia di guardarla, tutti ne vorremmo di più. Tutti abbiamo bisogno di parlarne, a fine puntata. E speriamo di incontrare qualcuno come noi, o magari diverso e con un approccio affine a questo bel racconto.”
Sempre dalle pagine di Hall of Series, Annalisa Gabriele analizza la figura di Mauro Repetto; “uno dei personaggi che più hanno messo nero su bianco il costante senso di smarrimento di chi tanto vorrebbe ma nulla riesce a ottenere. Di chi si costruisce un sogno, e poi ne diventa personaggio secondario guardando il successo degli altri. […] Portatore sano di un’unica condanna, l’unica cosa che ha sempre portato dietro di sé come un fardello: l’assenza di quel tanto così. Quel tanto così di Mauro Repetto è quel tanto così che ha modellato la nostra vita. La costante certezza dell’impotenza di fronte a tutto quello che inventiamo, che vogliamo, che sogniamo. L’assordante rumore del fallimento che arriva anche quando non siamo così male ma, nonostante tutto, restiamo spettatori di chi quel che vogliamo fare noi, lo fa meglio.”
Ci pensavo sul treno pochi giorni fa.
All’uscita di Hanno ucciso l’Uomo Ragno nel 1992 non avevo nemmeno 15 anni e alcune cose non mi riguardavano direttamente, nonostante si parlasse di provincia e Pavia non disti molto da dove abitavo. Però allo stesso tempo è stato inevitabile che scandisse – così come avvenuto con molti altri brani e album degli 883 – la mia adolescenza, tanto da collocarla in un determinato luogo che ricordo ancora con affetto (anche se poi i miei ascolti erano differenti).
Quello che probabilmente è avvenuto non riguarda tanto la serie (o la sua qualità), ma grazie a lei ci si è soffermati a riflettere (a posteriori) sul fenomeno degli 883 e su quello che hanno
rappresentato per un’intera generazione nata a cavallo degli anni 70 e 80.
Ragazzi e ragazze che hanno avuto per colonna sonora (più o meno apprezzata) quelle canzoni. La visione della serie ha permesso un amarcord tutto personale di quel periodo, ritrovandosi però nel sentire collettivo di questa nostalgia un po’ canaglia che sembra essersi palesata in molti spettatori.
Forse una chiave di lettura può essere questa.
Nel preparare questa puntata ho letto un libro di Pezzali I cowboy non mollano mai – La mia storia (pubblicato nel 2013).
Ci sono diversi passaggi in cui parla delle canzoni. Uno di questi riguarda il discorso che facevo poco fa. Scrive “col tempo ho capito che le canzoni che non ci piacciono, o che non ci piacciono da subito, alla fine ci influenzano più di quelle che ci sono sempre piaciute. È un processo fondamentale, soprattutto se nella vita ti metti a fare il musicista” Un altro passaggio che mi sono appuntata e su cui in effetti non avevo mai riflettuto riguarda i “tormentoni”.
“Credo che il rispetto per la canzone sia anche una forma di rispetto verso l’ascoltatore. A volte si pensa che scrivere una canzone che rimane in testa sia una sorta di «circonvenzione d’incapace». Invece no: è l’appagamento del piacere dell’ascoltatore per mano di chi è a sua volta un ascoltatore. Se conosci te stesso come ascoltatore, riesci a capire se una frase è particolarmente musicale. Quindi tu in realtà non stai fregando nessuno: stai attirando l’attenzione.”
Anche Mauro Repetto, nel libro che ho citato prima – scritto insieme a Massimo Cotto e pubblicato nel 2023 – si sofferma sulle canzoni:
“Mi piace pensare che io e Max abbiamo inventato il genere constatativo. Noi osservavamo la realtà, la vivevamo e poi, il giorno dopo, la mettevamo in una canzone, con i modi di dire, i termini, le immagini della vita di tutti i giorni. Non abbiamo mai cercato un’elevazione letteraria. La dignità delle nostre canzoni nasceva dal basso, dalla riproduzione fedele di spaccati di realtà della provincia. Eravamo come una moka di caffè. Versavamo il nostro vissuto, con il pantheon di personaggi bizzarri che popolava bar e discoteche di quegli anni, e lo servivamo con i pasticcini.”
E se da una parte Max Pezzali riempie stadi e palazzetti (andate a vedere la programmazione praticamente tutta sold out di dicembre), Mauro Repetto porta in scena a teatro Alla ricerca dell'uomo ragno - La favola degli 883 (c’è una data a Milano – con una manciata di posti ancora disponibili – il 16 marzo 2025).
Prima di salutarvi vi segnalo – restando in tema musicale – il film Mixed by Erry sempre di Sydney Sibilia, uscito nel 2023 che racconta la storia dei fratelli Frattasio che tra la fine degli anni 70 e i primi anni 90 crearono a Napoli un business di musicassette contraffatte. Per quanto bizzarra, è una storia realmente accaduta.
Un tempo disponibile su Netflix, il film – che ha vinto tre nastri d’argento per miglior commedia, scenografia e casting director – si trova a noleggio/vendita su diverse piattaforme (consiglio di verificare su justwatch.com).
Ne consiglio la visione!
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